Discussione sul ruolo della corteccia orbitofrontale nelle decisioni

 

 

DIANE RICHMOND

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XXII – 26 aprile 2025.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: DISCUSSIONE/AGGIORNAMENTO]

 

La transizione dall’epoca in cui vi era una netta distinzione tra i criteri della neuroanatomia e i criteri della neurofisiologia a una completa integrazione, inaugurata dalle più recenti tecniche di neuroimmagine, non è ancora compiuta. In particolare, non sempre è facile trovare una sintesi tra l’attribuzione di funzioni a particolari regioni, secondo la tradizione localizzatrice della neuropsicologia, e il riferimento alle grandi reti come base neurobiologica dell’attività psichica.

Oggi non ci si accontenta più di dare per implicito che l’impiego di registri diversi, corrispondenti alle metodiche di indagine e alla teoretica di disciplina, comporti un modo diverso di considerare e analizzare i processi, in rapporto a modelli differenti del cervello. Siamo lontani dall’epoca dei modelli modali in serie nati dal metodo anatomo-clinico, come quello di Wernicke-Geschwind per il linguaggio, ma non sappiamo ancora bene come integrare le informazioni sulle tre reti, descritte da Damasio alla base della parola, con i processi di controllo localizzato corticale. La “casa comune” delle neuroscienze e i progressi compiuti dalle singole discipline consentono oggi di trovare equivalenti tra un registro e l’altro ma, tranne rari casi, è difficile costruire modelli unificati delle funzioni.

La discussione e la riflessione sulle interpretazioni più immediate dei risultati, ossia riferite ai metodi adottati, sono state finora di grande utilità, e sicuramente continueranno a essere di aiuto, soprattutto in considerazione del fatto che lo stesso tipo di evidenza può essere etichettato in uno spettro di significati che va dal “correlato neurofunzionale” alla “prova di codificazione”.

In un incontro della nostra società scientifica si è avviata una riflessione sulla corteccia orbitofrontale, a partire da risultati sperimentali recenti, e si è sviluppata una discussione, di cui più avanti si riportano le parti salienti.

Prima della discussione, si propone una breve introduzione alla fisiologia della corteccia prefrontale, che aiuta a inquadrare le nuove nozioni relative alla corteccia orbitofrontale.

Può aiutare a concettualizzare la fisiologia di questa parte del cervello avere presente che la corteccia prefrontale, come il resto della corteccia cerebrale umana, svolge funzioni che hanno luogo su un sostrato di rappresentazione. In pratica, per “sostrato o substrato di rappresentazione” si intende una riserva di informazione permanente e a lungo termine, che ha una struttura essenziale costante e parti periferiche modificabili con l’esperienza. Tutte le funzioni corticali alla base della mente, e dello psichismo in generale, hanno luogo su un sostrato di rappresentazione. Dunque, l’organizzazione temporale dell’azione, ossia il ruolo tipico della corteccia prefrontale, si svolge su una base di rappresentazione. Il sostrato di rappresentazione della corteccia prefrontale, in particolare il suo settore laterale, è costituito dalle reti della memoria esecutiva: le funzioni esecutive consistono nell’uso di questo sostrato. L’uso del sostrato rappresentazionale nella funzione esecutiva consente due ordini di processi: 1) acquisire nuova memoria esecutiva; 2) organizzare ragionamento, comunicazione e comportamento. La corteccia prefrontale è cruciale per la pianificazione, il processo decisionale e l’attenzione esecutiva. L’attenzione esecutiva è indispensabile per le prime due: pianificazione e decisione. L’attenzione esecutiva ha 3 componenti critiche che partecipano all’organizzazione temporale dell’azione diretta a uno scopo: I) working memory (memoria di funzionamento); II) assetto o stato preparatorio; III) controllo inibitorio dell’interferenza[1].

Working memory o memoria di funzionamento. È la traccia, momento per momento, del funzionamento, che accompagna e rende possibile tutta l’attività della mente sincronica. È il mantenimento attivo dell’attività necessaria alle reti centrali per elaborare la percezione e eseguire le azioni. Contiene una rappresentazione cognitiva o comportamentale dello scopo degli atti mentali e materiali che si possono compiere. Si considera come la base di un’attenzione sostenuta focalizzata su una rappresentazione interna. La memoria di funzionamento impegna, oltre la corteccia prefrontale, anche la corteccia cerebrale posteriore.

Assetto o stato preparatorio. Consiste nella preparazione del cervello ad agire nella contingenza o per un evento precedente. In pratica è la preparazione bioelettrica dei neuroni che rendono possibile l’azione nei tempi e nei modi fisiologici normali. Può essere descritta come una specie di “attenzione motoria”, cioè una preparazione attentiva per agire. Impegna parte della corteccia prefrontale laterale in associazione con la corteccia premotoria e i nuclei della base. Il controllo cognitivo automatico che il nostro cervello fa delle nostre azioni, si basa proprio sulla modulazione dell’attività dei nuclei della base da parte della corteccia prefrontale mediante questo assetto o stato preparatorio.

Controllo inibitorio dell’interferenza. Lo abbiamo studiato a proposito della corteccia orbitofrontale: costituisce il complemento delle due funzioni integrative temporali svolte dalla parte laterale della corteccia prefrontale. Consente agli automatismi della corteccia di scegliere il processo appropriato per quella circostanza, inibendo tutti i processi che non interessano in quel momento. Rende possibile l’attenzione selettiva, inibendo qualsiasi altro contenuto emozionale o cognitivo che potrebbe disturbare il concentrarsi su una cosa in particolare, su un pensiero o una percezione.

La chiave per comprendere la neurofisiologia della corteccia prefrontale consiste nel tener conto di due concetti:

a) il ciclo percezione-azione costituisce la base biologica del rapporto dell’organismo con l’ambiente: la corteccia prefrontale gestisce la parte di più alto livello di astrazione di questo ciclo;

b) la corteccia prefrontale coordina le strutture neurali al fine di orchestrare l’organizzazione temporale dell’azione diretta a uno scopo.

Alcune sotto-funzioni sono segmenti necessari alla elaborazione astratta del ciclo percezione-azione, altre servono all’organizzazione temporale dei movimenti per un fine.

Dopo questa introduzione, proponiamo qui di seguito le parti salienti della nostra discussione.

La corteccia orbitofrontale (OFC, da orbitofrontal cortex) dei primati è studiata da molto tempo per il suo ruolo nel processo decisionale dipendente da stime di valore. L’ambito sperimentale del decision making, cioè dello studio dei processi funzionali alla base delle decisioni, ha fornito numerosi elementi sulle caratteristiche neurofisiologiche della corteccia orbitofrontale in questi processi, ma finora la definizione dell’esatto meccanismo che associa le rappresentazioni del valore nella corteccia orbitofrontale agli esiti comportamentali misurabili delle decisioni non era stata possibile, ora un meccanismo di associazione è stato individuato da Vincent B. McGinty e Shira M. Lupkin della Rutgers University[2].

La corteccia orbitofrontale (OFC) si identifica con la parte ventrale della corteccia prefrontale, nell’uomo e negli altri primati. Secondo la descrizione classica dell’anatomia umana normale, corrisponde principalmente alle aree 11 e 13 della ripartizione topografica di Brodmann. La sindrome prefrontale orbitale o sindrome orbitofrontale può derivare da una varietà di processi patologici, fra cui spiccano i tumori cerebrali e l’aneurisma dell’arteria comunicante anteriore.

L’attenzione è disturbata nella sua componente di filtro selettivo: il paziente appare incapace di inibire le interferenze in ciò che sta facendo da parte di stimoli esterni e tendenze interne. La mancanza di controllo dell’interferenza si ritiene sia all’origine di sintomi quali l’imitazione di altri e il comportamento di utilizzazione, che consiste nella compulsione irrefrenabile a prendere e utilizzare gli oggetti nuovi che il paziente vede intorno a sé (Lhermitte et al., 1986).

Un altro sintomo caratteristico è la perseverazione[3], consistente nel continuare a produrre una risposta o un comportamento dopo che è cessato lo stimolo che lo ha prodotto. Nell’esame del linguaggio di un paziente che ha subito un danno corticale, per verificare se c’è lesione frontale, si chiede al paziente, ad esempio, con che cosa si copre la testa per proteggerla dal freddo, e il paziente risponde: “Cappello”. Poi, sempre mostrandogli delle immagini del repertorio di oggetti che costituiscono le risposte, gli si chiede con quale cosa si taglia il pane, e, subito dopo, con che cosa si scrive, e il paziente con lesione orbitofrontale, pur potendo indicare correttamente il coltello e la penna, in molti casi continuerà a rispondere: “Cappello”.

Sintomo frequente è l’ipermotilità orbito-frontale, uno stato di alterazione neurofunzionale che si può descrivere come l’opposto dell’ipomotilità e mancanza di spontaneità della sindrome apatica causata da lesioni laterali o mediali. L’ipermotilità orbito-frontale si manifesta con uno stato iperattivo, un continuo prendere iniziative e un rapido e incessante succedersi di azioni e propositi eseguiti, tali che il paziente sembra dotato di una illimitata riserva energetica e di un’impulsività irrefrenabile, che in genere lo inducono a prolungare la veglia e a dedicare poche ore al sonno.

Il tono dell’umore in una percentuale sempre significativa – ma variabile da uno studio all’altro – è caratterizzato da euforia. Come nell’eccitazione ipomaniacale, lo stato euforico non è stabilmente accompagnato da affettività positiva, ma affiora spesso una certa instabilità dell’umore, che sfocia in irritabilità e a volte in una ideazione simil-delirante e tendente a interpretare in modo avverso o addirittura persecutorio atti e comportamenti neutri, in qualche caso configurando idee di riferimento, assimilate dagli autori americani ai deliri di persecuzione del disturbo psicotico paranoico. Ma questa evenienza è rara.

Più di frequente invece si registra la disinibizione istintuale e un cambiamento radicale nell’atteggiamento etico, con alterazione del giudizio morale. Questi due segni, accanto a un incostante cambiamento della personalità dipendente dall’estensione della lesione, fanno pensare al prototipo di lesione del lobo frontale della neurologia classica, ossia al caso del capo-operaio Phineas Gage che, ammassando con una sbarra esplosivo in un foro di un muro da abbattere in un cantiere, provocò involontariamente l’esplosione e la sbarra gli trapassò il cranio uscendo dalla sommità dopo avergli causato una sorta di leucotomia prefrontale focale. Gage diventò disinibito e sembrava non avere più i suoi principi morali. Joaquin Fuster scrive in proposito: “I pazienti orbitofrontali possono mostrare col loro comportamento un palese disinteresse anche per i più elementari principi etici”[4].

La sociopatia criminale è stata accostata alla sindrome orbitofrontale soprattutto a causa della mancanza di senso morale, senso di colpa e responsabilità, che accomuna gli psicopatici che sviluppano condotte criminali alle persone affette da lesione prefrontale nella regione ventrale del lobo. Anche se all’inizio di questi studi (Gorenstein, 1982; Lapierre, 1995) sono state rilevate ed enfatizzate le analogie, in seguito sono state riconosciute le differenze.

Un altro parallelo è stato fatto tra il disturbo dell’attenzione con iperattività (ADHD) e la sindrome orbitofrontale; in questo caso il senso morale è conservato e la disinibizione sembra riguardare quasi esclusivamente il versante motorio; in ogni caso, le alterazioni dell’attenzione dei pazienti con danno orbitofrontale sono in genere differenti.

La ricerca sul ruolo nel processo decisionale della corteccia orbitofrontale ebbe una svolta quando Rogers e colleghi rilevarono che il deficit dietetico di triptofano, che porta a deficit di serotonina (come si ha nella depressione), altera la decisione in una prova sperimentale in cui si deve scegliere tra azzardo e scelta sicura, e Bechara e colleghi (1998) misero a punto una gambling task (cioè un compito-test come un gioco d’azzardo) che risultava sensibile al danno alla corteccia orbitofrontale.

In pratica, il soggetto deve scegliere tra una piccola ricompensa quasi sicura e una ricompensa grandissima ma altamente improbabile: le persone con lesione orbitofrontale scelgono la seconda, a differenza della stragrande maggioranza dei volontari. Sembra che la lesione renda questi pazienti incapaci di resistere all’impulso di tentare di ottenere una grande ricompensa, anche se la possibilità non è ragionevole. Si ritiene che questo sia effetto della perdita di inibizione, come nel caso del deficit di serotonina, in quanto il controllo inibitorio della spinta infantile verso la gratificazione massima e immediata sarebbe la precondizione necessaria per l’esercizio di una serena valutazione ragionata della scelta più assennata.

I segni e i sintomi della sindrome orbitofrontale ci aiutano a capire il ruolo di questa parte della corteccia e delle reti formate dalle connessioni dei suoi neuroni: ciò che viene a mancare per il danno alla corteccia orbitofrontale causa i sintomi; dunque, le funzioni sono da ricercarsi nell’opposto dei sintomi: controllo inibitorio che evita l’eccesso di movimento,  l’abbandonarsi agli istinti, l’euforia, l’instabilità dell’attenzione e, soprattutto, la formulazione di giudizi morali, etici e di opportunità, secondo logica e ragione.

Inoltre, la corteccia orbitofrontale mette a disposizione i criteri del nostro modo di pensare per le decisioni da prendere momento per momento nella nostra vita.

Molte decisioni comportano la scelta tra due valori: la stima pregressa del valore di ciascun elemento e la calibratura nella comparazione realizzate dalla corteccia orbitofrontale sono una perfetta espressione della personalità e della capacità di una persona di agire mentalmente in modo conforme alle proprie convinzioni e alle proprie intenzioni.

Ora, ritorniamo al già citato studio di due anni fa, che individua un meccanismo che associa le rappresentazioni di valore nella corteccia orbitofrontale agli esiti delle decisioni.

Vincent B. McGinty e Shira M. Lupkin dimostrano, in primati non-umani, che la variabilità delle scelte rispetto alle prove sperimentali può essere spiegata dalla variabilità nel valore dei segnali decodificati da molti neuroni della corteccia orbitofrontale (OFC) registrati simultaneamente nel corso degli esperimenti.

In termini di meccanismo questo rapporto è coerente con la proiezione di attività, all’interno di un sotto-spazio codificante valore di basso livello dimensionale, su un sotto-spazio di output potenzialmente superiore in termini dimensionali e potente in termini comportamentali.

L’identificazione di questo collegamento tra livello neurale e livello comportamentale risponde ad annose domande circa il ruolo della regione OFC nel processo decisionale economico, e suggerisce meccanismi di lettura al livello di popolazioni neuroniche, simili a quelli identificati di recente nella corteccia sensoriale e nella corteccia motoria.

 

L’autrice della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Diane Richmond

BM&L-26 aprile 2025

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

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[1] Nessuna delle tre è localizzata nella corteccia prefrontale, ma tutte e tre hanno come base la corteccia prefrontale.

[2] Note e Notizie 11-11-23 Meccanismo che lega decisione e valore nella corteccia OF.

[3] Anche se nuovi studi dimostrano che è meno frequente di quanto si ritenesse in passato.

[4] Joaquin M. Fuster, Prefrontal Cortex, p. 199, Academic Press, Elsevier, San Diego 2008.